APICELLA
Uva: tintore e piedirosso (30% circa)
Fascia di prezzo: da 15 a 20 euro
Fermentazione: acciaio e legno
Come ben sapete, è aperto un lungo dibattito sulla traducibilità del termine terroir in lingua italiana. Io ho una espressione molto personale ed è vino del cuore, ossia bottiglia capace di piacermi quasi quanto il vignaiolo che la produce, il territorio che la esprime, il winemaker che se ne fa interprete. Per questo in una delle edizioni del vino dei blogger parlai di questo vino , perchè, al di là dell’andamento vendemmiale e della evoluzione in cantina, è sicuramente uno di quei rossi capaci di riportarmi con molta forza alla zona di Tramonti, ai suoi boschi, alle sue nebbie invernali, alla semplicità di una Costiera apparentemente sfigata ed emigrante ma in realtà fortunata di agricoltura e di veracità umana. Quando ho dunque dovuto indicare un vino del cuore alla degustazione sui rossi salernitani ho inserito anche questo insieme al Montevetrano, al Cenito, al Naima e all’Aglianico di Mila che sono ben più famosi e medagliati ma che per me sono allo stesso livello del rosso di Prisco, il figlio enologo di Giuseppe Apicella, grazie alla storia di cui è capace di farsi lusignhiero interprete, narratore medioevale nelle sale ospedaliere di degustazione. Era l’unico 2004 ed aveva per questo una marcia in più rispetto agli altri, benché appena presentato all’esordio commerciale in cantina qualche settimana fa tra lampi, tuoni e scrosci selvaggi di pioggia, bagnati i castagneti, inzuppati i vigneti a piedefranco: impossibile per me arrivarci perché bloccato altrove. Cosa dire di questo millesimo? Molto semplice: compratelo e conservatelo, ha la stoffa dei grandi rossi da invecchiamento. Certo, la gran messe di piedirosso e i quattro anni trascorsi hanno sicuramente arrotondato i tannini impetuosi del tintore, non c’è dunque un impatto ruvido, parlerei anche di una certa corrispondenza fra l’olfatto pregno di prugna e la bocca, ma, ancora una volta, è l’incredibile spinta acida a fare la differenza, uno scheletro che definire imponente è poco, ci annuncia che quando il vino inizierà a smagrire come gli uomini asciugati dal tempo, avrà ancora un profilo da combattente audace, come gli avi di Prisco che sorvegliavano i torrioni del Valico di Chiunzi a difesa della Repubblica Marinara di Amalfi. La beva dunque ha un ingresso direi abbastanza classico, punta dolce, ovalizzazione immediata del palato, poi, dopo l’occupazione della bocca, la freschezza prende il sopravvento e conduce il vino con grande dinamicità verso un finale lungo e deciso, molto pulito, lasciando un fresco ricordo di frutta rossa spaccata che si riaggancia al naso se intanto lo rimettete nel bicchiere. Il passo in più di questo vino è comunque anche costituito dalla capacità continua di cambiare maschera come Fregoli con il passare dei minuti e il variare della temperatura, sino a divenire quasi suadente, annuncio di morbidezza non mantenuto. Infine, tertius, resta valido anche il concetto spiccato dell’abbinabilità, scontato vista la sua freschezza giovanile, ma non sempre usuale in un vino concepito per volare ad alta quota. Invece, lasciata la sala operatoria ed entrato in tavola conviviale, diventa innumerevole l’esercito dei piatti a cui questo vino farebbe un gran bene, a cominciare da un bel bucatino con il soffritto di capretto, così, tanto per stare leggeri.
Sede a Tramonti, via Castello Santa Maria, 1. Tel .089.856209, fax 089.876075. www.giuseppeapicella.it Enologo: Prisco Apicella. Ettari: 5 di proprietà. Bottiglie prodotte: 60.000. Vitigni: aglianico, piedirosso, sciascinoso, falanghina, biancolella
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