A cura di Giulia Cannada Bartoli
‘A purpetta. Si potrebbero scrivere fiumi sulle origini e sull’etimologia di questo piatto. Fino al ‘300, nei ricettari non v’è traccia della parola “polpetta”. La prima apparizione avviene nel secolo XV, grazie al Libro de Arte Coquinaria di Maestro Martino, cuoco dell’allora Camerlengo
Patriarca di Aquileia. Pellegrino Artusi, nel suo ben noto manuale La Scienza in cucina e l’Arte di Mangiar bene (1881), così ci presenta le polpette: «Non crediate che io abbia la pretensione d’insegnarvi a far le polpette. Questo è un piatto che tutti lo sanno fare cominciando dal ciuco.” La parola polpettone è l’accrescitivo di polpetta e, in effetti, è la sua variante tutta d’un pezzo. l’Artusi ci ricorda come, almeno in determinati periodi storici, le polpette siano state anche un modo per riciclare gli avanzi di carne, specialmente del lesso. Il trito ci permette di mescolare e “nascondere” gli ingredienti originali, lasciandoci solo da assaporare il gusto finale. L’etimologia del termine “polpetta” è, ancora oggi, non del tutto chiara. E’ probabile che l’etimo sia da individuare nel tipo di carne anticamente privilegiata per questa pietanza: il taglio più tenero del vitello o del cervo, cioè la polpa.
Le curiosità dell’etimo
Polpetta e polpettone offrono alla lingua italiana e a diversi dialetti, una considerevole quanto spiritosa varietà di interpretazioni. Fare qualcuno a polpette, oppure, fare polpette di qualcuno, in tono scherzoso, vuol dire che lo abbiamo fatto a pezzi sia fisicamente, che, moralmente.. La polpetta può anche indicare un boccone avvelenato propinato ad un animale al fine di sopprimerlo. Si può anche usare l’espressione completa “polpetta avvelenata”, nel campo della politica, o nell’ambito della logica clientelare della politica elettorale, dove, può essere considerata il favore di scambio per il voto. Polpettone, invece, si usa con disprezzo, per indicare qualcosa di particolarmente noioso e pesante, tipo una relazione, un libro, un film si allude chiaramente alla difficoltà nel “digerire questa pietanza”.
Veniamo alle trattorie e osterie napoletane dove questo piatto è ancora “cult” , esso è infatti snobbato o, perlomeno, rivisitato nella ristorazione moderna. Si tratta di una ricetta saporitissima, spesso usata anche nel ragù. Ne vanno pazzi adulti e bambini, con il sugo ci si condiscono i maccheroni o si fa una bella “scarpetta”. Il costo del piatto non supera i cinque euro.
Ecco le five best in città, quartiere per quartiere.
Antica Trattoria Da Carmine
Via Tribunali, 330
Tel. 081.294383
Aperto: pranzo e cena (12:00/16:00 – 19:00 – 23,00) dal mercoledì al sabato; a pranzo: solo martedì e domenica Chiuso: l’intero lunedì
C/credito: sì tranne American Express
Buoni pasto: si
Asporto: si
Ferie: 20 – 31 agosto
“ E’ pronto ‘o ‘mmangià”
Via Cesare Rosaroll 65
Tel. 081.0098834 – 339.3571092
Aperto a pranzo e cena h.10,00 – 23,00 non stop
Chiuso: lunedì
Ferie: 10 gg. In agosto
Bancomat, carte credito: no
Osteria da Teresa
Via Kerbaker 58
Tel.081. 556 70 70
Aperti: a pranzo e a cena ( dalle 12 alle 15 e dalle 19 alle 23)
Chiusi la Domenica
Ferie: in agosto
Osteria da Tonino 1880
Via S. Teresa a Chiaia 47
Tel. 081. 421533
osteriadatonino@libero.it
Aperto: da lunedì alla domenica a pranzo h. 12,00 – 15,00
Venerdì e Sabato anche di sera ( consigliata la prenotazione)
Chiusi: dal lunedì al giovedì sera
Carte di credito e bancomat: si
Ferie: 2 settimane centrali in agosto
Napoli, La Taverna del Buongustaio
Vico Basilio Puoti, 8
Tel .39+081.5512626
Chiuso: domenica sera
Aperto: dal lunedì al sabato a pranzo e cena.
Domenica solo a pranzo (12,30-15,30/ 19,00–24,00)
No carte di credito
consigliata la prenotazione nel fine settimana (si no nun v’assettate!)
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