Raramente ci siamo occupati di politica, ma questo è uno dei momenti nei quali bisogna alzare gli occhi dal piatto e schierarsi.
Ebbene, io sto con i trattori e sostengo le giuste e sacrosante proteste dei contadini.
Spero che le organizzazioni sindacali e i partiti di tutti gli schieramenti che sono stati sinora alla finestra, con la solita cricca della ztl pronta a gridare all’eversione invece di domandarsi perché a decine di migliaia in tutta Europa sono scesi in piazza disperati, prendano rapidamente posizione.
E’ una questione culturale prima ancora che politica.
Sono decenni che la nostra agricoltura è stata mandata al macero per il totale disinteresse dei diversi governi che si sono succeduti: ma quello che sta avvenendo non è un sondaggio, non è un post, si decide se il nostro futuro alimentare dipenderà dalle importazioni di paesi dove non ci sono regole nè a tutela del lavoro, nè a tutela della salute.
Per decenni sono stati incentivi alle auto per sostenere l’industria più inquinante del pianeta, il mezzo di trasporto più antieconomico, ovunque gli assessori comunali si mettono a tappetino di fronte alle esigenze della Grande Distribuzione che, per quanto voglia lavorare bene, vince se opera lo strozzinaggio al ribasso di tutti i fornitori con le famose aste a chi offre di meno che penalizzano chi produce qualità.
La storia insegna che non può esistere una grande civiltà se alle spalle non c’è una grande agricoltura alle spalle: l’agricoltura è uso razionale del territorio e del tempo, è di per se stessa una attività sociale perché preserva dall’abbandono le aree interne.
L’Italia e l’Europa per sopravvivere sono “costrette” a fare qualità, agricoltura di precisione, il settore non può diventare un hobby di chi si è stancato di vivere nelle città infernali.
I contadini, nella nostra storia, sono sempre stati carne da macello da buttare nelle guerre mondiali per morire a centinaia di migliaia, poi come manodopera a basso costo per i processi di industrializzazione che hanno distrutto l’ambiente al Nord rendendolo tra i posti più inquinati del Pianeta. E’ il ceto che più ha pagato il passaggio dalla civiltà rurale a quella di città che ha impoverito l’Italia come, sottolineò Pasolini, nessun regime autoritario abrebbe potuto fare
Distruggere l’agricoltura per delle regole imposte dall’alto significa oggi negare il futuro ai giovani che sono restati ed obbligarli ad emigrare come già sta avvenendo all’estero.
Significa impoverire il nostro paese perché le radici della ricchezza di una comunità sono da sempre piantate nel settore primario.
La lotta di classe c’è stata e in Italia l’hanno vinta i ricchi.
Ok. Ma spero che i vincitori adesso si rendano conto che distruggendo l’agricoltura segano l’albero dove siedono con i loro privilegi.
Tutte le richieste degli agricoltori vanno sostenute, adesso subito, se vogliamo evitare scenari peggiori e irreversibili.
Non è possibile che nel passaggio all’economia green si pensi alle auto elettriche e non a sostenere chi questa transizione se la dovrà caricare sulle spalle dopo che intere manovre sono state utilizzate per supportare le auto a chi non ha trovato nulla di meglio da fare che lasciare l’Italia dopo aver intascato il bottino.
E’ come parlare di cancro a proposito di vino e non chiedersi cosa ci sia nelle bevande gassate più diffuse.
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