Una serata che apre a una stagione promozionale di più ampio respiro alla scoperta di un territorio unico come quello del Vesuvio. Un territorio che gode di una forza attrattiva indiscussa come riportato sul materiale promozionale del Consorzio stesso che proclama “I vini del vulcano più famoso al mondo”. Un’area vinicola che nonostante vanti una storia produttiva e commerciale millenaria si sta rilanciando in questi anni, a partire da una più precisa riorganizzazione interna con il nuovo disciplinare del 2017. L’obiettivo è una stabilizzazione, anche identitaria, grazie all’espressione corale del Consorzio capitanato da Ciro Giordano.
D’altronde si fa presto a dire “vini del Vesuvio” dove l’importante stratificazione di suoli vulcanici si accompagna alle diverse condizioni che caratterizzano non una ma ben due sommità: Monte Somma e Vesuvio, a causa dello sdoppiamento causato dall’eruzione del 79 D.C.; e non basta se pensiamo che i vigneti si sviluppano in senso circolare con maggiore esposizione alle brezze marine del Tirreno dei ‘vigneti lato mare’ di entrambe le sommità che, ad esempio, andranno a mitigare le condizioni più fresche, spesso anche per maggiore altitudine, tipiche del Monte Somma. Mentre, le brezze appenniniche sui ‘vigneti lato terra’ mitigheranno, ad esempio, le condizioni più mediterranee del Vesuvio. Almeno quattro sottozone (Vesuvio late mare/terra, Monte Somma lato mare/terra), quindi, si auto-definiscono o si combinano alla ricerca di un profilo vulcanico tipico spinto su mineralità e scie sapide, oltre che su una composizione aromatica tutta propria.
Caprettone per i bianchi e Piedirosso per rossi e rosati sono le uve protagoniste dei 3 macro-blocchi del disciplinare: Vesuvio e Vesuvio Lacryma Christi spesso prodotti come blend, cui si affiancano i monovarietali per i quali le uve di “accompagnamento” (in particolare Falanghina e Aglianico) trovano ulteriore spazio.
Con il supporto di Sine, ristorante gastrocratico a Milano, l’immersione è stata totale: i vini dei produttori consorziati sono stati abbinati a tanti piatti della tradizione partenopea così profonda da ammantarsi di rimandi e curiosità su origini, nomi e preparazioni come poche altre.
Un quadro composito ancora tutto da esplorare ma che non tarderà a riproporre attività promozionali e degustative di approfondimento.
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