di Monica Caradonna
Ci sono voluti gli indiani con il loro matrimonio blindato a 6 zero, ma forse prima ancora ci aveva pensato Justin Timberlake con il matrimonio con tanto di paparazzi e giornalisti imboscati; poi la pizzica dei Terraros al passo di Madonna, e non è una imprecazione, ma l’ospite che ha sdoganato nel mondo il brand Italia, declinato nel vernacolo che fa colore e calore nel sistema Borgo Egnazia. Quando la star di Like a virgin arrivò a Borgo era in corso un pranzo di beneficenza. «Controlla chi si è appena taggato in struttura. Per la privacy non posso dirtelo» e, mentre condivideva il suo segreto con me con gli occhi che brillavano di gioia, io ero emozionata in quella ricerca spasmodica per scoprire il volto di chissà quale grande star. La Material girl era in Puglia e, pacca sulla spalla alla famiglia Melpignano, attraverso il suo profilo Instagram apriva ufficialmente un varco spazio-tempo che, da quel momento in poi, alle parole Borgo Egnazia, in qualunque latitudine del mondo, avrebbe fatto pensare all’Italia.
Il sistema Borgo in the kitchen
Sei ristoranti che declinano, ciascuno con una particolare attitudine, l’idea di una cucina mediterranea fortemente radicata al territorio; una cantina che conta 750 etichette sapientemente selezionate da Giuseppe Cupertino, wine manager e figura di grande spessore per la struttura e per il mondo del vino in Puglia; il Portico, l’ultimo arrivato, il nuovo grande bar con la regia di Dario Gentile, pugliese rientrato in terra patria dopo aver calcato il parquet di 8 e ½ da Bombana a Hong Kong, altro fantastico avamposto italiano, portando a Borgo l’esperienza maturata nella ristorazione di alta gamma con clientela luxury e pretenziosa.
Ma è il ristorante Due Camini che miete curiosità, interesse e riconoscimenti. Novità dell’anno per la Guida dell’Espresso e secondo i rumors in odor di Stella per l’edizione 2019 della Rossa più desiderata del mondo.
C’è Andrea Ribaldone che cura la consulenza, ma a Borgo nella nuova cucina firmata dal kitchen designer Andrea Viacava e realizzata da Marrone Custom Cooking, uno spazio assolutamente all’avanguardia, c’è ormai dal 2016 Domingo Schingaro. In realtà lui è Domenico, come sua nonna materna, ma convive benissimo con quell’aria da vichingo e il suo nome virato in una variante di matrice spagnola ma inzuppato in una divertente forma dialettale tutta pugliese, voluta dalla sua mamma poco legata alla tradizione ancestrale di tramandare il nome per generazioni.
Una famiglia di pescatori quella di Domingo, un’esperienza lunghissima in Piemonte a lavorare le carni. Tornato a casa in Puglia ha ripreso contatto con madre terra e con le sue varianti vegetali con le quali si esprime benissimo.
Non è una cucina per fighetti
È una cucina forte la sua, determinata, coraggiosa. Fantastica la finta tagliatella. Un’esplosione di acidità e struttura. «Sono partito dall’idea di riprodurre la pasta con le sarde alla siciliana ma in un’ottica diversa.
Alla fine abbiamo ricostruito una tagliatella partendo da una rapa gialla, ci sono gli ingredienti della pasta e sarde, ma non ci sono le sarde». La rapa viene lavorata con una macchinetta giapponese che aiuta a creare dei fogli di verdura per poi tagliarli a mano. C’è la colatura di foglie di cappero, c’è il finocchietto selvatico, ci sono i pinoli e l’uvetta.
Un piatto, questo, che crea uno choc al palato e alla testa. Che fa decisamente impazzire, rivoluziona gli schemi di chi ha un approccio convenzionale alla cucina.
Pensi di addentare una pasta e invece ti ritrovi in bocca un gioco divertentissimo di acidità e consistenze inaspettate. Non è una cucina fighetta quella di Domingo, anzi, è decisamente una cucina di sostanza senza mezzi termini.
«Sono tornato in Puglia dopo dodici anni – racconta lo chef – e quando metto piede in un posto nuovo e scopro cose nuove mi chiedo come mai non lo conoscessi prima». È affascinato dal mondo del foraging. Nella misticanza assaggiata nell’elegante chef’s table, c’erano più di 40 erbe spontanee accompagnate con ricotta di pecora – che da grassezza al piatto – uva fermentata e vin cotto. «Abbiamo una signora che ci procura le erbette, ma nell’orto di Borgo abbiamo avviato una sperimentazione, sono stati posizionati dei cassoni di ferro con una copertura in vetro e abbiamo piantato dei semi. Vediamo cosa esce fuori». Nonostante la grande mano sui vegetali, restano gli gnummareddi il suo signature dish.
È stato tra i primi a scoprire quelli dei fratelli Varvara, quelli di animelle, che vengono prima cotti a bassa temperatura, poi scottati forte in padella in ferro – che rende la cottura più rapida e lascia quella crosticina dal sapore di bruciato – sfumati con aceto di riso per togliere la grassezza, e si servono con lampascioni cotti sotto la cenere e una salsa di cicorie selvatiche e cicorie selvatiche scottate. Alla grassezza da una parte, giunge il contrasto azzeccato di acido e amaro per un risultato gustosissimo. Non manca nulla. In un piacere in bilico tra la tradizione pugliese e lo stile sfrontato di Domingo, si passa con curiosità ai dolci.
Non c’è menù per la fine del pasto, ma al tavolo di Due Camini arriva una scatola con alcuni ingredienti. Se ne scelgono al massimo tre ed è Tiziano Mita, il pastry chef, a dirigere il gioco.
Conclusioni
La tavola di Domingo è cresciuta, grazie anche alla squadra che tra cucina e sala, dove si muove Donato Marzolla, è sintonizzata e marcia con il medesimo entusiasmo. Una cucina di introspezione e ricerca. Una cucina non per tutti ma che accoglie tutti. C’è tanta forza, tanto carattere e viene finalmente fuori la grande personalità di Domingo. Qui si corre al passo veloce della famiglia Melpignano, nel solco di un sogno visionario dell’avvocato Sergio che ha messo la prima pietra per la vera riconversione della Puglia, trasformando Borgo in un sostantivo carico di contenuti tutti declinati sulle nuance del bello.
Due Camini – Borgo Egnazia
Strada Comunale Egnazia,
72015 Savelletri BR
Telefono: 080 225 5351