APICELLA
Uve: tintore e piedirosso
Fascia di prezzo: 2-30 euro in enoteca
Fermentazione ematurazione: acciaio e legno
VISTA 5/5 – NASO 25/30 – PALATO 26/30 – NON OMOLOGAZIONE 32/35
A parte qualche felice ma intromissione dell’area picentina, non si può negare che il duopolio della produzione vitivinicola salernitana è detenuto principalmente dai territori del Cilento e della Costiera Amalfitana. Con risultati, tutto sommato, mediamente e qualitativamente soddisfacenti. Si tratta, comunque, di due areali che si differenziano fortemente tra di loro: per la conformazione del terreno, per il sistema di allevamento e utilizzo dei vitigni, per il metodo di lavoro, per la produzione vinicola e per numero di aziende.
In Costiera Amalfitana si pratica ancora in massima parte una viticoltura estrema e faticosa su terrazzamenti che si estendono nel poco spazio disponibile, ricavato per lo più sulle modellate e mai antropizzate colline, perché qui l’uomo da sempre ha dovuto e voluto assecondare la natura. Si è cercato (e riuscito) di conservare intatta una ricchezza biodiversa fatta di vitigni secolari che definire autoctoni è alquanto riduttivo e impiantati, poi, quasi tutti a piedefranco e allevati col tradizionale sistema a pergola.
Nel comune di Tramonti (una delle tre sottozone, con Furore e Ravello), l’antica “Triventum” e da cui poi i navigatori amalfitani identificarono il vento nord-occidentale chiamato proprio Tramontana, e precisamente nella frazione Capitignano, opera l’azienda agricola di Giuseppe Apicella, portata avanti con conduzione prettamente familiare, in cui lavorano il figlio Prisco, la figlia Fiorina, la moglie Maddalena e lo zio Armando. Ci troviamo in altura, tra boschi e castagneti, intorno ai 500 metri, ma a due passi dallo splendido arenile di Maiori e, quindi, in presenza di forti escursioni termiche tra il giorno e la notte e in più regolate da sapide e costanti brezze che tanto giovano al corredo aromatico delle uve.
Forti di una tradizione che da secoli appartiene alle terre di Tramonti, che risale al tempo della Repubblica Marinara di Amalfi, la famiglia Apicella da decenni nutre e coltiva la passione per la viticoltura. Dal 1977 Giuseppe, con trascorsi di pizzaiolo in terra piemontese, ha selezionato con cura le cultivar di antichi vitigni autoctoni, esaltandone caratteristiche e tipicità che, unite alla dedizione per il proprio lavoro, hanno portato la produzione aziendale verso livelli qualitativi rilevanti, grazie anche al figlio Prisco, oggi enologo di questa maison.
Il top aziendale è rappresentato dalla bottiglia denominata “A’ Scippata” (la strappata), assemblata con un uvaggio di Tintore e saldo
di Piedirosso. La vigna che produce queste uve è stata impiantata a piedefranco nel lontano 1931 dall’omonimo prozio di Giuseppe, che mise a dimora 6.000 maglioli di vite su diciotto piazzolle. Adesso, dopo ottant’anni, si sono formati grossi ceppi di vite che ancora resistono imperterriti al passare del tempo. Il Tintore, dopo una lunga battaglia burocratica, finalmente è uscito fuori dalla clandestinità, essendo stato riconosciuto di fatto come vitigno a se stante e non come clone dell’Aglianico, tanto è vero che è stato inserito recentemente nel Registro Nazionale delle Varietà dei Vini.
Questo vitigno, così come il nome lascia presagire, è ricco di antociani e di tannini e, quindi, possiede nel proprio Dna i presupposti per produrre vini tosti, longevi e fortemente antiossidanti. Il grappolo è spargolo, allungato e senza ali laterali. La raccolta dell’uva, con una resa inferiore ai cinquanta quintali per ettaro, avviene indicativamente nei primi mesi di novembre, leggermente surmatura. Il terreno, nonostante la lontananza dal mare e dal Vesuvio, è sostanzialmente di natura sabbiosa e vulcanica. La fermentazione e la macerazione si protraggono per circa venti giorni, mentre l’affinamento viene effettuato per tre-quattro mesi in serbatoi di acciaio inox sulle fecce fini, per favorire la malolattica spontanea. Dopo il vino viene conservato per l’affinamento ancora per 24 mesi prima in fusti di rovere grandi di Slavonia e poi in barrique. La riserva, alla fine, viene elevata in bottiglia per altri sei mesi. La gradazione alcolica arriva, così, fino ai 14° C.
Nel bicchiere il colore si presenta con un bel rosso rubino intenso, con riflessi violacei, perché nonostante siano trascorsi quattro anni e mezzo dalla vendemmia, questo vino esprime ancora una certa giovinezza. Il profumo è persistente e inebriante e ricorda i frutti rossi come le amarene, le prugne e quelli del sottobosco. In bocca è austero, speziato e sa di pepe, chiodi di garofano e vaniglia.
E’ rotondo, equilibrato, vellutato, con note di boisé e con i tannini in parte già levigati e diluiti in partenza dalla percentuale di Piedirosso. In antitesi, poi, si fronteggiano e lottano la polialcoolica morbidezza e la dura, seppur fresca acidità, segno che possiamo stare tranquilli sulla bevibilità, ma soprattutto sulla longevità di questo vino. Il finale è lungamente intenso, armonico, con un retrogusto leggermente amaricante ma piacevole e godibile. Io sono sempre per l’abbinamento classico e, quindi, cosa c’è di meglio che corteggiare e poi invitare per il pranzo pasquale un cicciotto capretto di Cannalonga passato sulla brace? Mi viene l’acquolina in bocca solo a pensarci. Provate e poi mi direte. Temperatura di servizio intorno ai 18-20 gradi. E allora prosit!
Questa scheda è di Enrico Malgi
Sede a Tramonti (SA) – Frazione Capitignano – Via Castello a Santa Maria, 1 – Tel. 089/856209 – Fax 089/876075 – info@giuseppeapicella.it – www.giuseppeapicella.it – Enologo: Prisco Apicella – Ettari di proprietà: 7, più 2 in affitto e poi conferitori di fiducia – Bottiglie prodotte: 70.000 – Vitigni: Tintore, Piedirosso, Sciascinoso, Falanghina, Biancolella, Biancazita, Pepella e Ginestra.
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