di Luciano Pignataro
Il riscontro della seconda edizione di 50TopPizza, la guida on line delle pizzerie italiane, è stato enorme, dall’Australia al Sud America, da New York a Tokyo, da Napoli alla Sardegna, non c’è media che non ne abbia parlato.
E’ talmente forte che sul profilo di Gabriele Bonci, il giorno della presentazione della Guida Pizzerie del Gambero, è stato pubblicato questo post.
A parte l’onore di essere tenuti in considerazione da un grande pizzaiolo sia pure nella forma di sfottò, pensiamo a quanto lavoro c’è dietro la realizzazione di un post come questo. Il lavoro che ha fatto di Bonci un rivoluzionario della pizza insieme a Coccia e Padoan e di cui parliamo diffusamente nel nostro libro sulla storia della pizza in uscita con Hoepli Editore.
Ma una cosa è la storia, l’altra è il voto a una pizzeria, non alla pizza o al pizzaiolo. E quest’anno è andata così per il mago romano della pizza al taglio.
La classifica più odiata dagli uffici stampa farlocchi, quelli che assicurano ingressi in guide specializzate e comprano like sui social, ha dalla sua un segreto elementare che funziona: le visite in anonimato e paganti.
E sappiamo come in una pizzeria, più che in uno stellato, fa molta differenza essere o meno riconosciuto, soprattutto quando per mangiare una pizza devi fare una fila di un’ora.
Circa cento ispettori sparsi in giro per l’Italia votano, mangiano e pagano come clienti normali.
Questo vuol dire che anche gli sponsor nulla possono e il loro interesse nel sostenere il progetto è soprattutto nella visibilità mondiale che ne ricavano più che fare il piccolo favore a un loro cliente e così scontentare gli altri. Del resto se cercate 50TopPizza su Google potete rendervene conto facilmente: abbiamo contato circa 800 articoli sparsi in tutti i continenti, migliaia e migliaia di rilanci in italiano. Nessuna guida italiana, direi anche nessun sito, in questo momento rende così conveniente un investimento pubblicitario nel rapporto costo/contatto.
Dovrebbero essere queste le regole, ma purtroppo in Italia, complice la crisi dell’editoria e la mancanza di creatività, si è andati progressivamente in una deriva nella quale chi scrive è sempre più vicino a chi viene valutato. Un pappa e ciccia che tiene in secondo piano il cliente finale e il lettore. Che proprio per questo si affida, per muoversi, ad altri strumenti come le recensioni su TripAdvisor e Facebook.
Il ragionamento da cui siamo partiti è stato questo, fare qualcosa di nuovo, realmente pensato per il web sul web che desse indicazioni precise ai clienti e ai lettori.
50TopPizza è il tentativo, sinora riuscito ma certamente da perfezionare, di ripristinare le regole base della critica enogastronomica perché ha proprio il lettore come interlocutore privilegiato. Questa impostazione da fastidio non solo agli uffici stampa che curano i rapporti con associazioni ed editori invece di migliorare la comunicazione come scorciatoia verso il cliente, ma anche a chi, non essendo sicuro di se, pensa che premi e riconoscimenti vadano comprati direttamente o indirettamente attraverso i fornitori. Diciamoci la verità: da fastidio ad un Sistema ormai codificato in cui tutti sono bravissimi e alcuni orwellianamente più bravi dei bravissimi. E’ odiato dal sottobosco fufblogger che con una foto su Facebook guadagna un pasto gratis sfruttando la dabbenaggiane del ristoratore e del pizzaiolo. Danneggia quei siti che cercano pubblicità senza mettere in campo progetti innovativi e creativi. Irrita chi piazza uffici stampa e cuochi da una regione all’altra.
E’ questa zona grigia che ha guardato con atteggiamento critico alle prime due edizioni di questa guida, ma proprio questa zona grigia, agitandosi, ha creato il mito della invincibilità di 50TopPizza e ne ha favorito la diffusione perché il web non ha censura verso le idee innovative che camminano, che dico, volano da sole replicandosi.
La verità è che chi ha perso qualche posizione farebbe bene ad andare a vedere le nuove aperture che ci sono state negli ultimi dodici mesi, a cominciare da quella di Martucci a Caserta e Diego Vitagliano a Napoli. E ancora i fratelli Salvo, Salvatore Lioniello, Carlo Sammarco dopo l’uscita della classifica 2018.
Ormai anche in questo mondo non si può stare a guardare, non basta dire sono nato nell’800 per vantare diritti di primogenitura, il mondo va avanti. Lo stesso vincitore dello scorso anno, Franco Pepe, non è stato affatto fermo: ha aperto una sala per pochi intimi come un tristellato, ha creato un menu funzionale alla dieta mediterranea, ha fatto formazione.
Ecco perché, 50TopPizza, in soli due anni, è diventata allora la guida più credibile: fotografa la realtà in continua trasformazione senza paraocchi e pregiudizi.
E fa parte del mestiere anche il saper comunicare. Perchè no?
E adesso, siccome l’appetito vien mangiando ci si chiede: ma perché fermarsi alla pizza? C’è un modo rivoluzionario per parlare di ristoranti senza entrare in competizione con stanchi rituali che non orientano più il mercato? C’è un modo per competere, non con Michelin e 50BestRestaurant ci mancherebbe, ma con TripAdvisor a cui tutte le guide hanno lasciato campo libero arrendendosi? C’è un modo per rovesciare l’assunto che in Italia o paghi 250 euro o non puoi dire di mangiare al top? C’è un modo di fare mestiere parlando dei posti dove VERAMENTE va la gente e non fermarsi alle vetrine di lusso sempre vuote che fanno fuf ma non mercato a chi produce?
Secondo noi si.
Stay Tuned…..
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