Rilanciamo l’articolo pubblicato sul Mattino di oggi e sul Mattino.it
di Luciano Pignataro
I ristoranti di alto livello si dividono in due grandi categorie: quelli nei quali vorresti tornare il giorno dopo e gli altri nei quali puoi fare al massimo uno o due esperienze l’anno perché hanno un menu concentrato sulla ricerca della materia e delle tecniche capaci di trasmetterti straordinarie emozioni per loro non replicabili facilmente in breve tempo.
Ecco, quando sono uscito lo scorso anno dall’Eleven Madison a New York, ringraziando di cuore la premurosa sommelier tedesca che ci aveva fatto bere alla grande senza svenarci, mi sono addormentato con la voglia di tornarci subito.
Dietro questa fantasmogorica macchina da guerra americana è arrivata seconda la nostra Osteria Francescana di Massimo Bottura con il poliedrico Giuseppe Palmieri in sala, un vero e proprio Mefistofele del beverage. Modena ha perso il fantastico primato conquistato a sorpresa l’anno scorso proprio a New York, quando tutte le attese erano per Humm. Ma la prima regola della 50Best Restaurant è non finire mai di stupire, di fare notizia, per restare con i piedi nel piatto dei media anche nel giorno in cui può scoppiare la terza guerra mondiale. La cavalcata del ristorante modenese negli ultimi anni è stata semplicemente fantastica, in campo l’estro, la simpatia, l’abilità di quell’Italia campione del mondo nel 1982 che a sorpresa liquidò Brasile, Argentina e Germania. Il secondo posto non è una sconfitta, ma ancora un grande risultato.
50Best non è una guida, ma un colossale sondaggio mondiale nel quale si rispettano regole molto semplici: votare un ristorante in cui si è stati nell’ultimo anno rispettando una proporzione tra quelli della propria area di voto e il resto del mondo. Un sondaggio che, a differenza del giudizio insindacabile ma opinabile degli ispettori della Michelin, ha il pregio di fotografare i ristoranti più mediatici, e dunque sicuramente tra i migliori al mondo.
La novità di questa operazione è stata la fine del monopolio della Rossa, che per la verità negli States conta meno del giudizio del New York Times. C’è poco da fare, una classifica si comunica più facilmente e, per quanto truccata o falsata da fattori esterni, alla fine raggiunge tutti gli interessati.
Quale gourmet autentico, anche snob, non vorrebbe stasera sedersi nei primi dieci ristoranti della 50Best?
Certo questo meccanismo può diventare infernale, spompare lo chef ambizioso divorando la sua psiche. Può spingere i cuochi a scalare la classifica per poi chiudere e vivere di consulenze o temporary restaurant tra Dubai, Hong Kong e Tokyio.
Ripensandoci, noi che abbiamo mangiato in 18 ristoranti di questi 50 (di cui i primi tre), ne usciamo con la sensazione che facciano parte di una comunità globale pur nella loro divesità nazionali. Dai piatti alla sequenza delle portate, dalle tecniche al servizio, è insomma una gastronomia di un mondo piccolo ed elitario dove alimenti e ricette viaggiano come gli uomini.
Vuol dire che si tratta di una realtà falsa o falsata? No, osserverebbe Baudrillard, è una ipperealtà.
Forse i veri delusi sono i grandissimi fratelli Roca che molti davano vincenti e capaci di riprendersi quel primato che gli aveva strappato la Francescana lo scorso anno.
Quanto al resto, ognuno ha i suoi beniamini, adoriamo le Calandre e Crippa, ma consentiteci di gioire per Casadonna di Niko Romito che sta a un’ora e mezza di auto da Napoli.
Va bene il mondo iperreale fusion celebrato sui social e in tv, ma poterlo toccare con mano senza particolari difficoltà se non gli autovelox messi dai sindaci per fare cassa, regala ancora le giuste soddisfazioni materiali a noi comuni mortali.
Parola di un tifoso dell’ Eleven Madison, che sa che adesso, senza una bella spinta, mai più potrà tornarci.
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