Riceviamo e pubblichiamo questo articolo apparso oggi su Buongiorno Irpinia in cui si fa il punto della situazione dopo l’incredibile annullamento della Fiera Enologica da cui sono scaturite dure polemiche. Prosegue, intanto la raccolta di firme che saranno consegnate all’assessore regionale Nappi. Sull’argomento Divino Scrivere ha aperto una discussione con i più importanti giornalisti specializzati di settore.
Il presidente della pro loco Antonio Tranfaglia
di Daniele Moschella
In paese qualcuno dice: fortuna che la festa di San Marciano la fa la parrocchia, sennò quest’anno pure quella sarebbe saltata. E d’altronde così sembra andare a Taurasi. Dopo la Fiera Enologica – quest’anno si doveva celebrare l’edizione numero undici – pare esser stata gettata alle ortiche anche la XVI edizione della manifestazione “Da porta a porta”, piccolo evento enogastronomico, organizzato negli anni scorsi dal comitato Pro centro storico sempre in collaborazione con l’amministrazione comunale di Taurasi. Una iniziativa formato tascabile, più per una fruizione interna che per una vera e propria promozione territoriale, ma comunque l’occasione per conoscere, apprezzare uno dei centri storici più suggestivi d’Irpinia, una delle eccellenze, probabilmente la prima in senso assoluto, dell’agroalimentare di casa nostra, il Taurasi docg.
Ancora una volta dissidi interni, piccole scaramucce, la tornata elettorale di recente celebrata – seppure il risultato era tutt’altro che inaspettato – ancora una volta questioni che poco hanno a che fare con promozione, sviluppo in termini turistici, senso della comunità impediscono lo svolgimento di una manifestazione. E si sono perse anche le tracce delle Baroliadi che pure quest’anno dovevano tenersi a Taurasi. Ma c’è dell’altro. Annullare iniziative e momenti di socialità significa anche lacerare il tessuto connettivo di un piccolo centro e significa anche rendere fertile il terreno dell’isolamento. Quando, invece, il territorio di Taurasi e del Taurasi avrebbero bisogno di spazi ampi, di orizzonti larghi, di larghe vedute e di mentalità aperte. Tutto questo non accade. E non si intravede, in realtà, nemmeno l’alternativa. Perché, poi, l’alibi più grande è questo: non facciamo la fiera enologica? Allora faremo qualcos’altro.
L’alternativa allo stato non c’è, non pare che ci sia qualcuno che abbia intenzione di costruirla o almeno di gettare le basi per darvi concretezza. Il rischio più grosso che si corre, dunque, è veder crescere ciò che c’è più o meno lontano, grazie al marketing che inventa ricchezze anche laddove non ce ne sono, grazie ad operazioni di comunicazione efficaci che danno sostanza al fumo. A Taurasi il talento c’è, la risorsa pure. Ma in pochi sembrano accorgersene. Il caso di “Da porta a porta” è emblematico. E conferma quel trend negativo che ha caratterizzato già il caso, divenuto nazionale, della Fiera Enologica. Un trend negativo che assegna un primato all’estate 2009 di Taurasi, maglia nera, stagione da archiviare, da gettare nel dimenticatoio, da annoverare nel database delle cose non fatte, della crescita interrotta, degli aborti volontari.
E se la Fiera Enologica era ed è l’evento che calamitava l’attenzione di migliaia di visitatori – che in Irpinia venivano realmente e non virtualmente – “Da porta a porta” era ed è una piccola iniziativa nata per i cittadini di Taurasi, per la comunità di Taurasi, per una fruizione più interna, più ristretta, ma comunque il segnale di una consapevolezza, quella di avere una risorsa da gestire, una eccellenza da far crescere. E non era solo vino. Ma era ed è il territorio.
Perché dalle pietre e dalle cantine del centro storico, dalle sale recuperate del castello, del palazzo marchionale, dalle ancora poche strutture ricettive, dalle tante realtà produttive poteva e può nascere un flusso economico e occupazionale di tutto rispetto, poteva e può ancora esserci un piccolo rinascimento culturale e sociale che oggi stenta a vedersi. Ma tanto un’alternativa c’è sempre. Almeno così si sente dire. Certo è che ad oggi di alternative se ne vedono poche. Si avverte solo aggirarsi lo spettro della disgregazione che getta una comunità nel più nero degli anonimati.
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