Forse mai tanti assaggi. Eppure l’imprecisata sensazione che siano sempre meno i vini capaci di farsi ricordare davvero. Insomma, un po’ come avviene per i piatti: sono poche le creazioni dell’alta cucina da poter inserire nella cornice della memoria. In sintesi, sicuramente si mangia e si beve sempre meglio nella media, ma l’eccellenza e l’emozione, la distinzione, la voglia di smarcarsi, diventano più rare. Ecco le mie preferenze: forse non sono i più buoni, ma certo sono incapaci di deludere chi li proverà.
Primo: Do ro be Magliocco Passito 2001 Val di Neto igt di Roberto Ceraudo
Sorpresa: il ricordo più forte è legato ad un vino di cui non ho scritto nulla, legato al mio errore più grave di valutazione del 2008. Lo avevo infatti incrociato all’inizio di maggio, ne aveva già scritto sul Quotidiano di Calabria e me ne aveva parlato Gianfranco Manfredi: questo è il mio vino, pensai. Poi Roberto non lo mandò alle selezioni di Vini Buoni d’Italia “contentandosi” della corona con il Grayasusi rosato e pensai avesse rinviato l’uscita. Non era invece sfuggito alla squadra di Gentili e Rizzari che con mia gioia lo hanno posto sul podio del miglior vino rosso italiano per la Guida Espresso senza perdersi in chiacchiere. Lo abbiamo ritrovato prima di Natale e goduto della sua grazia antica. Nasce da una idea di Fabrizio Ciufoli di ripetere l’Occhio di Pernice di Avignonesi, ma quello che colpisce è la profonda e unica interpretazione del Magliocco che anziché scimmiottare altri modelli come sempre succede quando si incrocia un vitigno autoctono poco conosciuto, rivela un sapore ancestrale, antico, straordinario, dissetante, complesso, smarcante rispetto alla stessa linea della Cantina, l’ultimo sorso prima di chiudere gli affari materiali e immergersi nella spiritualità di cui solo il vino è capace. 75 euro la mezzina, per un Sud che non finisce mai di stupire. La perla di un’azienda modello, aggrappata alla terra jonica. La forza di un progetto di perfezione assoluta. Vogliamo dirlo? Pitagorico.
Secondo: 2001 Beneventano igt di Fontanavecchia
Bevuto, riveduto e corretto. Qui alcune note di un bianco strepitoso, cangiante, vivo di acidità, l’espressione più profonda della Falanghina del Sannio, la sua possibilità di competere con Fiano e Greco, la passione e la serietà di una famiglia contadina capace di andare avanti, aggiornarsi. Costa 18 euro.
Terzo: Montevetrano 1992
Il più straordinario di una verticale tenuta nella mia casa a Vallo della Lucania. Grande vino di una grande donna. Fuori commercio
Ed ecco gli altri
4° Donna Franca Marsala Superiore Riserva, Florio
5° Don Anselmo 1994 Aglianico del Vulture doc, Paternoster
6° Fiano di Avellino 1999 doc, Clelia Romano
7° Ariavecchia 2006 Greco di Tufo docg, Calafé
8° Rasott 2006 Aglianico Campi Taurasini Irpinia doc, Boccella
9° Sèrole Pallagrello Bianco 2005, Terre del Volturno igt Terre del Principe
10° Falanghina 2006 Campi Flegrei doc, Contrada Salandra
Va da sé che parliamo del Sud, ossia il territorio di riferimento che è ragion d’essere di questo sito e del nostro impegno.
Beh, ripensandosi, dieci vini dell’emozione per un solo anno non sono pochi. Speriamo di averne altrettanti nel 2009. La cosa più bella è averli condivisi tutti con le persone giuste. Ve lo assicuro.
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