di Angelo Di Costanzo*
Non è mai semplice stilare una classifica dei vini più graditi, soprattutto dovendone ritagliare solo 10 dalle varie bevute succedutesi durante l’anno ma seguendo un po’ il cuore ed un po’ il diario del sommelier ecco che qualcosa comincia ad affiorare spontaneamente. Con una premessa: personalmente il 2008 è stato l’anno della riscoperta, mi sono spinto oltre l’austera clausura Borgognona, al di là della sottile intransigenza Renana, ho superato con garbo l’invadente masticabilità di certi frutti dai quali è normale, plausibile, esigibile una data prestazione. Dodici mesi all’insegna della ricerca della semplicità e della fruibilità possibilmente per tutti e certamente il lavoro in prima linea in enoteca mi ha aiutato molto a rafforzare l’idea del grande valore che hanno certi vini che ai più appaiono scontati se non addirittura superficiali in questo imperversare del già vecchio “nuovo mondo del vino” che ahimè dopo essere arrivato sottocasa di tutti sembra mestamente “svanito” come l’ultima bottiglia di Pinotage assaggiata. Dopo i C/C (non i conti correnti in rosso delle aziende, ma i Cabernet e Chardonnay ) “easytodrink”, dopo lo tsunami del Nero d’Avola ed il fuoco di paglia del “dandy” Morellino di Scansano sarebbe opportuno che si decidesse di fare finalmente sul serio nel valorizzare la viticoltura autoctona italiana soprattutto in quelle regioni, specie al centro sud, dove le uve ed i terroirs sono unici ed irripetibili altrove e conservano ancora una memoria storica della terra, per dare supporto a quel gran volano di economia, storia e cultura enologica che sono stati soprattutto negli ultimi cinquant’anni Montalcino, il Chianti e le Langhe ormai realtà affaticate e logorate da interessi economici sempre più incessanti seppur insostenibili.
I miei vini, in ordine più o meno sparso:
Garofoli Brut Riserva 2004 Gioacchino Garofoli: un metodo Classico che non ti aspetti, una bollicina d’autore da uve verdicchio prodotta con perizia e maestria da una delle più dinamiche aziende marchigiane. Di colore paglierino carico brillante, perlage eccelso, naso complesso di note esotiche e speziate, una beva gradevolissima anche a tutto pasto. €ur 15,00 in enoteca.
Greco di Tufo 2005 Benito Ferrara: il vino base di Gabriella e Sergio non smette mai di stupirmi, e riassaggiato dopo tre anni conferma che questo vino merita maggiore attenzione anche fuori regione, davvero un grande bianco. Di colore giallo paglierino carico, naso estremamente complesso su note fruttate mature, minerale, etereo. In bocca suadente e di buona freschezza, di buona profondità. Non c’è che dire, rimane assieme al suo omologo crù Vigna Cicogna e pochissimi altri uno dei migliori Greco di Tufo in circolazione. €ur 11,50.
C. O. F. Tocai Friulano Zuc di Volpe 2006 Volpe Pasini: uno dei primi assaggi dell’anno, rimasto stampato nella memoria non fosse altro che per la vendemmia, l’ultima con il nome di Tocai. Poche parole, un vino superlativo, naso complesso e persistente, in bocca è secco, avvolgente, profondo. Rimane un vino difficile da amare per chi non lo cerca ma è pur sempre da non perdere per chi ama vini bianchi di carattere. €ur 14,00 in enoteca.
Falerno del Massico bianco Caracci 2004 Villa Matilde: ecco un’altra sorpresa inaspettata, un’altra bottiglia che non dovrebbe mai mancare ad una cena tra amici, connosseurs o meno il Caracci di Tano e Maria Ida Avallone rimane un vino di straordinaria interpretazione del vitigno Falanghina, con un naso eccelso di sentori agrumati e minerali, ancora dopo quattro anni acidità da vendere. € 13,00.
Sannio Barbera Armonico 2007 Anna Bosco: qualcuno un giorno mi spiegherà perché in quel di Castelvenere e dintorni non si è fatto abbastanza per distinguere questa Barbera dall’omologazione comune che si fa di questo vitigno originario del Piemonte e che esprime un nettare così delizioso. Rosso porpora, naso ammaliante di piccoli frutti rossi, lavanda, cannella. Un vino di corpo, di buona complessità e beva sostenibilissima, mai scontata. €ur 8,80 in enoteca.
Campania rosso Marsiliano 2006 La Sibilla: Una scommessa di Luigi Di Meo, da non perdere soprattutto nelle prossime vendemmie, ma già adesso è una sorpresa. Da uve prevalentemente di origine locale flegree (marsigliese, piedi rosso) esprime un vino rosso porpora, con un naso intrigante di frutti rossi, liquerizia, cuoio. In bocca è secco, abbastanza tannico di buona persistenza gustativa. € 18,00 in enoteca.
Campi Flegrei Piedirosso 2005 Grotta del Sole: La vera sorpresa dell’anno, il vino che ognuno merita di avere nel bicchiere. Di colore rosso rubino con accenni di riflessi granato, un naso ampio e persistente su note fruttate mature, polvere di cacao, terra bagnata. In bocca asciutto, sorretto da una buona freschezza, di beva scorrevole e gradevole. La quadratura del cerchio per il produttore che si cimenta con questo vitigno mai domo, altresì per chi ama bere un vino sincero, equilibrato, armonico e non di meno dal prezzo encomiabile. € 7,80 in enoteca
Recioto Amarone della Valpolicella 1975 Bertani: quando il recioto e l’amarone erano lo stesso vino, quando ancora questo vino era marginale al mercato del vino italiano ed internazionale, io nascevo, proprio nei giorni in cui solitamente si sistemano le ultime recie nei fruttai. Un rosso straordinario, di colore aranciato, poco trasparente, naso encomiabile di note eteree ed una profondità sorprendente. €ur 110,00.
Vdt rosso Secentario Antinori: non millesimato come un qualsiasi vino da tavola ma prodotto nel 1985 per consacrare alla storia le 26 generazioni di Antinori votati alla viticoltura; Un’altra occasione straordinaria di tarare il valore assoluto del tempo, del suo segno tangibile sull’evoluzione di certi vini. Rosso granato, di buona consistenza, note aromatiche intense di terra bagnata, tabacco, cuoio. In bocca asciutto, con un tannino assopito ma non privo di un certo fervore gustativo; Un delizioso Sangiovese a cui sono state aggiunte le prime varietà internazionali coltivate nelle tenute del Marchese Antinori al tempo impegnato nell’ambizioso progetto di riconversione a Guado al Tasso e nel consolidamento del progetto Solaia nel cuore del Chianti Classico. €ur 180,00 (solo Magnum) per pochi esemplari da collezione.
Quarts de Chaume 1997 Chateau Bellerive: unico strappo alla regola e a tutti gli effetti il miglior vino dolce bevuto quest’anno. A dirla tutta uno dei migliori vini dolci di sempre soprattutto se rapportato all’ottimo rapporto prezzo-qualità: il Quarts de Chaume è un vino “moelleux” della Loira come viene definito ufficialmente, cioè è un delizioso vino dolce prodotto nell’area dell’Anjou dall’uva chenin blanc, solitamente molto rustica dalla quale si ricavano vini estremamente acidi adatti alla spumantizzazione (cremant de Loire) o addirittura alla distillazione, ma qui, per la precisione a Chaume, un villaggio della denominazione viene attaccato dalla botrytis cynerea che ne fà un nettare prelibatissimo e grazie proprio alla sua struttura acida riesce a conservarsi a lungo dando il meglio di sè dopo almeno un decennio di invecchiamento. €ur 23,00 in enoteca.
*L’autore è primo sommelier della Campania 2008
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