Con questo annuncio pubblicato su Facebook chiude una delle cucina più interessanti di Copenhagen, da molto considerato il nuovo Noma, all’89 posto della 50 best e con una stella Michelin.
Cari amici,
È con grande tristezza che oggi annunciamo la chiusura del ristorante 108.
A causa delle conseguenze negative della pandemia globale, in particolare della drastica riduzione del numero di turisti internazionali che visitano Copenaghen, abbiamo concluso che non è più economicamente sostenibile continuare ad operare 108 nella location attuale. ⠀
Nonostante l’annuncio di oggi e la chiusura di questo capitolo, siamo estremamente orgogliosi di tutto ciò che abbiamo realizzato, e restiamo speranze per un futuro in cui il ristorante 108 tornerà a Copenaghen in un’altra location. ⠀
Kristian Baumann, Headchef e co-proprietario del ristorante 108 dichiara “Ringrazio ogni membro – passato e presente – del nostro incredibile team, per aver contribuito a rendere il 108 un posto davvero speciale. Non sarei arrivato fino ad ora né avrei ottenuto così tanto senza. Ringrazio anche i nostri ospiti e i nostri amici all’interno dei media locali e internazionali, nonché quelli di The White Guide, Michelin e 50 migliori ristoranti del mondo, per i loro tanti anni di sostegno – vi sono per sempre grato tutti.”
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L’ultimo giorno di servizio sarà mercoledì 30 settembre 2020.
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Nonostante la chiusura del ristorante 108, la società operativa dietro il 108 rimarrà in vigore, e quindi si evita un fallimento, quindi nessuno perderà denaro su questa decisione, che ovviamente è molto importante per noi. ⠀
Kristian Baumann si dimetterà come co-proprietario, ma i restanti partner apriranno un nuovo concetto di ristorante nella location attuale alla fine di quest’anno che corrisponde meglio alle attuali condizioni di mercato. ⠀ ⠀
Non vediamo l’ora di rivedervi e servirvi. ⠀
Grazie a tutti! ⠀
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Kristian, René e Peter ⠀
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Domande e informazioni sui media possono essere indirizzate a Peter Kreiner, presidente del ristorante 108, pk@108.dk
IL NOSTRO REPORT DELL’8 SETTEMBRE 2019
108 Restaurant a Copenhagen
Strandgade 108
Aperto tutte le sere
Venerdì, sabato e domenica anche a pranzo
Guardate l’entusiasmo di questi ragazzi che si mettono gioiosamente in posa. Vengono da ogni parte del mondo, due sono italiani, e sono qui per lavorare e fare esperienza in quello che molti considerano il nuovo Noma. Prima di ogni valutazione gastronomica, questa foto esprime la forza della integrazione, l’importanza che un progetto, una idea, ha di attrarre persone, ci fa capire quanto ottuso, non conveniente, difensivo, debole, sia il punto di vista di chi alza muri per tornare al nuovo medioevo della ragione, dove sei giudicato per come sei nato e non per quello che fai. Succede qui, ma anche in tutti i ristoranti della capitale danese.
Secondo tema: il 108 restaurant a Copenhagen di Kristian Baumann sta al Noma come Disfrutar di Oriol Castro a El Bulli? Beh, le origini sono diverse, nel senso che in questo caso l’operazione è stata condotta dallo stesso Renè Redzepi nel 2017, mentre l’ortodossia di Ferran è il risultato di una scelta di uno dei suoi migliori allievi. Certamente comunque l’ispirazione è la stessa del Noma, il riferimento ad una fattoria di campagna gestita ecologicamente da cui si prendono quasi tutte le materie prime, la stessa architettura di questo locale dove un tempo si lavorava la carne di balena, persino il luogo, a poco più di cento metri dove stava la prima sede del Noma e dove adesso c’è Barr. Ma qui l’atmosfera è molto più rilassata, entri e ti appoggi da solo il soprabito, il servizio è misto tra sala e cucina, semiaperta al pubblico, ovviamente niente tovaglie e acqua di fontana continuamente sostituita per conservarla fresca. Insomma un posto molto informale, di stile nordico appunto, dove ciascuno è a proprio agio senza avere la sensazione di partecipare ad una messa di rito ortodosso.
Terzo tema. Ci avessero detto, diciamo non tanto tempo fa, 20 anni va, che Copenhagen sarebbe diventata una capitale gastronomica avremmo abbozzato un sorriso. Da sola la bellissima capitale danese piazza sei ristoranti nella classifica dei primi 120 di 50BestRestaurant. Più di ogni regione italiana per intenderci. Nel lontano 2012 durante una sua visita in Campania, Ferran Adrià ci dichiarò: “La gastronomia è fatta di mode. La cucina del Nord è una tendenza interessante, come pure quella peruviana e brasiliana, ma noi abbiamo fatto una rivoluzione. Credo dovremo aspettare altri 20, 30 anni per vederne un’altra così profonda”. Il ruolo spagnolo nel rivedere i prodotti in cucina è fuori discussione, ma la tendenza del Nord, come lui la definì, magari dice poche cose in più sulla tecnica rispetto alla scuola di Adrià, ma tanto, tantissimo, sulle motivazioni etiche e ambientali a cui bisogna ispirarsi nel fine dining nel futuro immediato, direi nel presente dove la figura del gourmet che mangia piccione e caviale, magari sferificato, sarà un ricordo come le cene di Trimalcione . Ed è questa la sua forza di lunga durata che in Italia per ora ha pochi autentici epigoni di qualità (Floriano Pellegrino e Marco Ambrosino su tutti).
Ma adesso mettiamoci dal punto di vista del cliente: il costo del pasto è sui 160 euro, se prendete vino rischiate di raddoppiare perché in Danimarca i costi delle bottiglie sono proibitivi. E parliamo di menu degustazione, alla carta si toccano facilmente i 200 euro. Più del viaggio in aereo insomma. Ma se siete appassionati gastronomi e se volete capire in che direzione si sta andando allora è una tappa indispensabile. L’importante è resettare la nostra memoria e collegare questa cucina tanto alle tendenze mondiali quanto alle stesse radici locali.
Troverete allora nel vostro percorso un bel divertimento e due toni che sopra ogni altra cosa escono dal palato nordico e che si sono imposti ovunque come modernità (santo sia Camanini che non ha rinunciato al dolce-dolce): i toni bruciati e fumé e l’acidità. Li troverete lungo tutto il percorso in modo più o meno accentuato.
Il primo piatto ci presenta le zucchine in versione indovinata, avremmo solo preferito una temperatura più fredda. Una miscela di estate e autunno comunque molto interessante.
Questo ci è piaciuto di più e l’avremmo servito prima del precedente: leggero, rinfrescante e saporito.
Questo invece il piatto che ci ha convinto di meno, troppo sbilanciato sull’acidità che copre il sapore e fa sparire la materia prima.
Buono e dai toni bruciati di cui parlavamo sopra invece la patata, qui si vede che si gioca davvero in casa.
Questo è il primo piatto che davvero ci ha colpito e che ci fa salivare anche adesso: una valorizzazione del vegetale che gioca alla pari con gli effetti palatali della carne, brodo elegante ma intenso. Perfetto.
Sulla stessa falsariga il secondo servizio di astice, che ci ha colpito molto, anche qui il brodo riveste una importanza grazie alla eccezionale concentrazione di sapore.
Da manuale i due dessert. Il primo, quasi salato, è un tripudio vegetale molto ben eseguito e ricco.
Il secondo è forse il piatto che ci è piaciuto di più, un equilibrio fantastico tra tutti gli elementi, le consistenza, la temperatura.
CONCLUSIONE
Questo il menu degustazione di 8 portate a 175 euro. Una esperienza da fare assolutamente quando venite qui. Sicuramente di questo locale, attualmente 89° nella 50 Best Restaurant e una stella Michelin, farà parlare molto di se se manterrà la semplicità e l’immediatezza. Particolare non trascurabile: si può mangiare anche alla carta. Vi alzerete belli leggeri se resistete al pane con la panna salata, buonissimo e ben lievitato. Cosa che, ovviamente, noi non abbiamo fatto. Ma solo per spirito di servizio nei confronti dei nostri amati lettori:-)
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